venerdì 7 giugno 2013

Stitches - Ventinove punti

Stitches - Ventinove punti
David Small
Rizzoli Lizard
Brossura con alette, 17x24, 336 p. B/N
€ 19,90



Anni'50 negli Stati Uniti. Un ragazzino di 14 anni affronta un intervento che lo segnerà per il resto della vita. La malattia, però, ed il suo epilogo chiurgico sono solo la punta dell'iceberg: il malessere del giovane David (il racconto è autobiografico) nasce dai conflitti della sua famiglia e dalle loro conseguenze. Genitori austeri e distaccati, che a malapena riescono a convivere pacificamente a patto però di seppellire gravissimi problemi di coppia sotto un asfissiante tappeto di silenzi. Figli non amati, forse non voluti, trattati con freddezza, cinismo, superficialità ma allo stesso tempo in modo oppressivo, frustrante e frustrato.

In un contesto del genere un bambino cresce male. Ha il morale fiaccato, reagisce in modo istintivo, ribelle, scontroso, provocando reazioni ancora peggiori. Il protagonista è un gracile ribelle che subisce la situazione, con ripercussioni anche psicologiche, e che non sa come uscirne finché, per fortuna, anni dopo trova qualcuno con cui parlare, aprirsi, riflettere e comprendere.
Senza timor di spoiler vi dico che c'è il lieto fine. Un lieto fine amaro, triste, ma anche confortante, se vogliamo: libero dalla cappa dell'ambiente familiare David riesce a diventare adulto, artista, professionista affermato, con le sue cicatrici (fisiche e psicologiche) ma finalmente capace di ripercorrere la sua esperienza e raccontarla agli altri in modo magistrale, sperando - immagino - che magari il racconto possa essere d'aiuto a qualcuno. E forse anche per un guizzo d'orgoglio, come si intuisce nell'ultima pagina del fumetto.

Small ha uno stile scarno, nodoso, espressionista, molto efficace nel rendere i cattivi sentimenti che pervadono il volume. Non ho gradito però l'uso pesante di ombreggiature scure, date con poca grazia, che spesso nascondono il disegno e lo rendono meno leggibile. Forse una scelta stilistica, forse una cattiva resa delle procedure di acquisizione e stampa. Il volume nel complesso è ben curato e la qualità della storia vale senz'altro il prezzo.


Un'ultima digressione un po' fuori tema: ultimamente è esploso il fenomeno Zerocalcare. Si tratta di un giovane autore che ammiro e seguo, sia sul blog che su carta. Mi è sembrato però che molti commenti sulla sua opera (principalmente al volume d'esordio "La profezia dell'armadillo", che ho recensito tempo fa) fossero assolutamente sproporzionati, quando lo si descrive come un autore che riesce a trattare argomenti seri ed impegnativi a dispetto dello stile ironico e nerd.
Be', senza nulla voler togliere alla bontà delle sue opere, secondo me un fumetto che riesce a trattare davvero argomenti seri ed impegnativi è questo, che li affronta di petto, parla chiaro e racconta tutto.
Zerocalcare nella sua "profezia" sfiora il tema del disagio giovanile accennando fugacemente alle vicende di una sua amica, morta giovanissima, di cui però in pratica non ci racconta niente. Che fosse affetta da anoressia lo apprendiamo fuori dal fumetto, nelle interviste all'autore. Nella storia, invece, assistiamo all'imbarazzo degli amici e poco più.
Qui Small ci racconta davvero cosa succede ad un bambino che cresce attraversando la malattia ed il disagio familiare. In questo caso la "discesa negli inferi", cui accennavo nell'altra recensione, dura 300 pagine ed è raccontata in prima persona.

Non è una critica a Zerocalcare, che ha realizzato un fumetto divertente ed intelligente, ma ad un modo di recensire i contenuti che mi pare trascuri il panorama complessivo e lo spessore di altre storie che sono state raccontate.

Per chiudere con un pensiero positivo, cito un dettaglio che nel corso della mia lettura ha fatto idealmente da ponte fra le due opere: anche Small come Zerocalcare ha iconizzato uno dei suoi personaggi ritraendolo con le sembianze del Bianconiglio di "Alice nel paese delle meraviglie". I meta-personaggi di Zerocalcare sono in buona compagnia.


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