venerdì 26 ottobre 2012

San Pirtupìr, con l'accento sulla "ìr"

Per la serie "Manuale di sopravvivenza nella giungla editoriale" oggi parleremo di come si può, a volte, farsi un'idea più chiara su di un ipotetico acquisto.


Devo ammettere, come premessa, che mi trovo in una posizione svantaggiata: da lettore accanito di fumetti, anche vetusto se vogliamo dirla tutta, ormai è difficile che io possa "scoprire" un fumetto interessante che è stato pubblicato in passato e di cui non sapevo niente. Certo, qualche volta mi capita ancora, ma è molto difficile. Nel corso degli anni ho colmato le lacune che mi interessavano e quindi adesso sono attento soprattutto alle nuove uscite. Nuove uscite in italiano!
Questo include nella lista anche fumetti datati ma che finora non erano stati proposti nel nostro paese.

La mia posizione svantaggiata è quindi legata al fatto che i miei ipotetici acquisti sono stati pubblicati da poco e non sono molto recensiti. Magari col tempo la situazione migliorerà: ci sono alcuni siti che seguo che recensiscono i fumetti alcuni mesi dopo la loro pubblicazione. O ci si abitua ad aspettare mesi prima dell'acquisto, oppure bisogna trovare degli stratagemmi per cavarsela.
Qui mi viene in aiuto il ritardo intrinseco della pubblicazione italiana di albi di produzione straniera. Voglio dire che l'albo originale, al contrario di quello italiano, è su piazza da molto tempo ed è già stato abbondantemente recensito. Basta conoscere le lingue. Dati i miei gusti fumettistici, di solito bastano inglese e francese che, per fortuna conosco abbastanza da poter leggere una recensione.

Ma un'altra gradita "feature" dei fumetti che sono stati pubblicati qualche tempo fa è che esiste la possibilità che qualche allegro zuzzurellone pirata (me lo immagino adolescente, brufoloso, sfigato e con tanto tempo libero da passare attaccato ad uno scanner ed a photoshop) ne abbia fatto una versione digitale e l'abbia diffusa in rete. Chiameremo convenzionalmente questa figura mitologica "San Pirtupìr".
(santo, sì, perché anche se lo sfotto, in realtà gli devo molto!)

Dunque, volete leggere un fumetto che è stato da poco pubblicato in Italia e di cui non riuscite a reperire sufficienti informazioni? Cercatelo in rete nella versione originale e probabilmente lo troverete. Fra muli, torrenti e siti di scambio file qualcosa si trova sempre, o quasi...
Certo, leggere fumetti sul computer non è la stessa cosa. Personalmente me la cavo con un tablet e non è malaccio. Va benissimo per leggere, per esempio, i primi episodi di una serie e decidere se ci interessa comprarla oppure no.

Ed ecco che arriva l'esempio pratico!
Qualche tempo fa, nel post "La qualità delle informazioni" mi lamentavo del fatto che l'editore italiano di "The New York Five" non avesse fatto sapere con sufficiente chiarezza che si tratta di una storia già iniziata nella precedente serie "The New York Four".
Sergio L. Duma, che ha recensito questo volume per il sito Manga Forever sostiene che "non è importante, ai fini della comprensione di THE NEW YORK FIVE, conoscere ciò che è avvenuto in precedenza."
Opinione sua, legittima, ma che non condivido.

Grazie a San Pirtupìr, infatti, ho avuto modo di consultare i primi due episodi (originali, in inglese) di "The New York Five" ed ho scoperto tre cose molto importanti:
1 - Che non è il genere di storia che fa per me. E' una specie di sit-com, tipo telefilm, di cui faccio volentieri a meno
2 - Che la seconda di copertina dell'edizione originale è interamente dedicata a raccontare al lettore l'antefatto, ossia la trama di "The New York Four", facendo capire chiaramente il rapporto fra le due storie
3 - Che nella prima storia una tizia si mette col ragazzo di sua sorella, generando una serie di equivoci e conflitti che nella seconda storia vengono ripresi e sviluppati. Vogliamo ancora sostenere che non è importante? De gustibus...

Morale della favola: io non comprerò questo volume. Non lo farò perché ne ho letto una parte e non l'ho trovato in linea con i miei gusti. Non lo farò anche e soprattutto perché è un cavolo di "fumettus interruptus"!

Consiglio per gli internauti: se scaricate un fumetto e ve lo leggete a video, poi buttatelo via. Se vi è piaciuto, comprate il cartaceo. Se non vi è piaciuto, amen.
Consideratela un'anteprima particolarmente ricca.
In caso alternativo sarebbe pirateria...

lunedì 22 ottobre 2012

Il castello

Il castello
Linda Medley
Comma 22
cartonato, 15x21, 472 pp. B/N
€ 19.00


Prima di decidere l'acquisto di questo volume ho provato a consultare la rete alla ricerca di informazioni e recensioni. Siamo sempre giovani ed ingenui ed impariamo sempre delle lezioni sulle nostre spalle. La lezione di stavolta è: le recensioni positive non bastano. Se nessuno solleva dubbi o critiche di sorta, allora c'è qualcosa che puzza. Ora, con questa mia recensione, spero di colmare la lacuna, così il prossimo curioso che cercherà in rete informazioni su questa storia troverà anche qualche critica e potrà scegliere con più ponderatezza.

Si dice in giro che la veste grafica è deliziosa. Bah. Sì, è senz'altro ben confezionato, ma mi pare che sia un argomento piuttosto secondario quando si parla di un'opera di narrazione. Invece di solito è presentato per primo (quando si parla di questo volume).
Si dice in giro che i disegni della Medley siano deliziosi. Bah. Non sono certamente brutti, ma nemmeno particolarmente accattivanti. Una "linea chiara" pulita e gradevole, ma con poca personalità.
Si dice in giro che la trama parli in modo originale di fiabe note. Bah. Le fiabe note sono solo nei primi capitoli, vengono rilette con occhio particolare e questa sembrerebbe essere l'impostazione dell'opera ma spariscono ben presto lasciando il posto all'universo personale dell'autrice che, al confronto, risulta molto meno interessante.

Allora diciamo le cose come stanno: questo volume è fiacco!
Carino, per carità, ma fiacco. Storie che non si capisce dove vogliano andare a parare, con un sacco di personaggi caratteristici che però vengono sbattuti là senza un perché, senza un vero ruolo... come se l'autrice avesse in mente un intero universo di storie che però non ci racconta perché non trova il bandolo della matassa della narrazione e allora ce ne propina scampoli disordinati.

E cosa si scopre (a posteriori, maledetta la mia pigrizia!) guardando nella wikipedia inglese e su Amazon?
Che questo volumone è una cavolo di autoproduzione!
E' loffia perché non c'è un vero progetto dell'opera a monte, ma solo un'autrice che ha esposto se stessa sulla pubblica piazza ed ha trovato un discreto gruppetto di fan; gruppetto però non abbastanza consistente da permetterle di fare il salto di qualità, anzi, nemmeno di continuare l'autoproduzione, perché ad un certo punto ha dovuto mollare. Solo dopo alcuni anni ha trovato una casa editrice che ha ripreso il progetto in mano, ha pubblicato il PRIMO volume cartonato (questo) con la parte già pubblicata ed ha prodotto nuovi episodi.
Quindi, ancora una volta, una casa editrice ci propina un "work in progress" senza farne menzione. Questo primo tomo (del 2006 in versione originale) è stato seguito da un secondo tomo del 2010 (anch'esso di circa 400 pagine) ed anche da un singolo episodio del 2012 che potrebbe preludere ad una "terza stagione". Comma 22 ha intenzione di pubblicare il secondo tomo? Boh.

Io mi sono letto il volume, interessato all'inizio, un po' meno nel seguito, decisamente annoiato alla fine (la trama delle suore barbute l'ho trovata assolutamente non intrigante) e mi chiedevo "ma dove andrà a finire?".
La risposta è: "da nessuna parte!"
Godetevi il tono del racconto, i personaggi minimalisti, le storie un po' intimiste ed un po' gigione e se questo può bastarvi, sarete felici. Io francamente rimpiango i miei 19€.

mercoledì 17 ottobre 2012

Le Storie - Il boia di Parigi

Le Storie n. 1, mensile
Il boia di Parigi
Paola Barbato, Giampiero Casertano
Sergio Bonelli Editore
Brossura, 16x21, 116 pp. B/N
€ 3.50


Alla Sergio Bonelli Editore hanno deciso di varare una nuova serie intitolata "Le Storie". Albi autoconclusivi, autori diversi, generi diversi, storie indipendenti.
Personalmente ritengo che sia una scelta editoriale perdente, ma mi rallegra il fatto di poter leggere qualche bel fumetto a prezzo contenuto.

Il formato è quello classico bonelliano, ma con 110 pagine di fumetto (contro le 94 delle normali testate mensili). La differenza si nota appena e, stando al primo numero, è un peccato: 94 pagine sono sufficienti ad impostare un episodio di una serie di cui il contesto ed i personaggi sono già noti, ma una storia autonoma, che deve introdurre tutto da zero, risente pesantemente di questo limite. Nel caso specifico, ad una prima consistente parte in cui i personaggi vengono ben introdotti e si assiste ad un importante sviluppo della trama (la rivoluzione francese e le sue ripercussioni sulla vita del protagonista) segue un epilogo ben strutturato e motivato ma così sintetico da risultare frettoloso, secondo me proprio per la mancanza di pagine a disposizione.
Sarebbe stato più consono un formato più massiccio. Penso alla collana "Romanzi a fumetti" (circa 300 pagine) o per lo meno come gli albi bimestrali della defunta collana "Magico Vento" (132 pagine).

Barbato e Casertano hanno fatto certamente un buon lavoro e questo farebbe ben sperare per il seguito, se non fosse che il secondo volume, in uscita il mese prossimo, sarà una storia di samurai scritta da Roberto Recchioni. I gusti son gusti e Recchioni ha certamente uno zoccolo molto duro di fan sfegatati, ma personalmente sono andato in overdose con le prime due stagioni di John Doe e qualche episodio sparso di Detective Dante e Dylan Dog, quindi penso che starò bene senza leggere altre sue storie (e dialoghi, soprattutto) per almeno una quindicina di anni. Quindi per me la collana avrà un buco già al numero 2.
Penso che sia fisiologico per una collana così impostata. Ho già detto che non condivido questa scelta editoriale e ora spiego perché: se fin dal secondo numero sono tentato di "saltare", con che spirito raggiungerò il quarantesimo? Delle (spero) decine di migliaia di lettori che hanno comprato il primo numero per curiosità, per la novità, per desiderio di qualcosa di nuovo nel panorama bonelliano, quante si impegneranno mese dopo mese a vagliare albo per albo se comprarlo o meno? Temo che i dati di vendita subiranno un calo incessante e che forse non arriveremo neanche a vedere in edicola tutti e 40 i volumi programmati.

Un'altra scelta discutibile è quella delle copertine. La carta finto-telata dà all'albo un aspetto un po' "vintage", che sicuramente lo fa distinguere dalla produzione standard ma non necessariamente in meglio. L'intento sarebbe di comunicare l'idea di un prodotto di qualità, ma alla fine resta una copertina più opaca delle altre, quasi fosse velata dalla patina del tempo.
A sottolineare l'effetto le illustrazioni di Aldo Di Gennaro, che sarà bravo quanto volete, ma ha 74 anni e - almeno per quel che ho visto di suo su altri albi Bonelli - è legato ad una impostazione rétro, che fa tanta classe, ma una classe di un tempo che fu.

mercoledì 3 ottobre 2012

Hokusai

Hokusai
Shotaro Ishinomori
J-Pop
Brossura, 11x18, 592 pp. B/N
€ 12.00


Un simpatico volumozzo che contiene vari episodi della vita di Katsushika Hokusai.

Se non sapete chi sia Hokusai, lasciate perdere.
Però forse da qualche parte avete visto questa


e magari vi potrebbe stupire il fatto che all'inizio del 1800 un illustratore giapponese potesse sfornare immagini per il grande pubblico (disegni da cui produrre artigianalmente xilografie per ampie tirature) che sembrano più moderni di tanti pittori contemporanei. Vedi Wikipedia.

Per chi, invece, come me, sapeva già chi fosse il tizio e magari si era anche andato a vedere qualche "originale" (ossia qualche copia di xilografia dell'epoca arrivata fino ai nostri giorni), questo libriccino è interessante e divertente.
Non più di questo, diciamolo!
E' un'opera che manca di senso unitario, alcuni episodi sono brevi, altri molto lunghi, lo stesso stile di disegno dell'autore cambia da una storia all'altra, come se fossero state realizzate in periodi diversi, autonomamente, e poi riunite in raccolta. Fra l'altro non sono neanche in ordine cronologico e questa cosa genera un po' di confusione nella lettura.

D'altro canto è interessante apprendere qualche informazione sul carattere (pessimo) di Hokusai, sulle sue vicissitudini, sulla inesauribile voglia di superare se stesso e cimentarsi in nuove imprese al punto di cambiare più volte il proprio nome per non godere della fama precedentemente raggiunta e viziare così il responso del pubblico sui suoi nuovi lavori.
Una figura decisamente eroica, probabilmente molto enfatizzata dall'autore del fumetto, un po' perché tipico della retorica giapponese, un altro po' sicuramente per il grande amore verso un autore fondamentale: sfogliare nel ventunesimo secolo le sue raccolte di disegni sparsi ("manga": veri e propri cataloghi di soggetti vari, ad uso e consumo degli artigiani che riproducevano e replicavano i suoi modelli su paraventi, ventagli, stoffe e quant'altro) è ancora un'esperienza emozionante per l'incisività del suo tratto ed il nitore della sua visione.

Ishinomori è un autore forse un po' datato, ma che ha segnato l'immaginario di una generazione anche qui, in Italia, quando sono arrivati sulle TV private i suoi cartoni animati più famosi: Cyborg 009 e Ryu il ragazzo delle caverne (e magari ci mettiamo anche Chobin, sorvolando invece sulle serie "live-action" come Kamen Rider che non ho mai sopportato).

Qui un articolo interessante sul sito dell'editore

Al capolinea

Al capolinea
Joe Matt
Coconino Press
Brossurato, 17x24, 132 pp. Bicromia
€ 17,50


Joe Matt ci racconta un periodo della sua vita in cui abitava in Canada, frequentava i fumettisti Seth e Chester Brown ma soprattutto si sfondava di seghe nella sua cameretta in affitto, usando maniacalmente per ore i suoi videoregistratori VHS per selezionare e conservare le scene migliori delle centinaia di film porno che consumava. Il "capolinea" del titolo allude a questo: una situazione senza via di uscita, in cui la masturbazione finisce per togliere tempo ed energie anche alle attività fondamentali come lavarsi, dormire, mangiare e procurarsi uno stipendio.

Per apprezzare questo fumetto sono necessari alcuni requisiti piuttosto particolari e non molto lusinghieri.

Può piacere a chi frequentava con assiduità la videopornografia a cavallo degli anni '80/90: prima del DVD, prima del montaggio video su PC alla portata di tutti, prima di eMule e del file sharing, soprattutto prima di YouPorn!
Chi si riconosce in questa descrizione, si riconoscerà probabilmente nel protagonista di questo fumetto autobiografico, almeno in parte. Sarà una specie di intimo "amarcord" (in questo, onanista al quadrato) ed anche un modo per sdrammatizzare e ridere di un'epoca, una fase, un'esperienza di cui non si parla facilmente.

Può piacere ai maniaci del racconto-verità autobiografico pruriginoso ed un po' squallido. Se vi riconoscete nella descrizione, per favore, andateve dal mio blog che mi fate un po' schifo. C'è tanta tv spazzatura là fuori che fa al caso vostro...

Può piacere ai feticisti del fumettismo: coloro che vogliono sapere vita, morte e miracoli, ed anche retroscena, vizi e bassezze degli autori di fumetti. In questo il terzetto Seth, Chester Brown, Joe Matt è esemplare e ricco di particolari: sono tutti e tre un po' matti (come ogni fumettaro che si rispetti) e fissati sul racconto autobiografico. Inoltre, da bravi fumettari sfigati, hanno fatto comunella per un bel po' e si sono ritratti vicendevolmente nelle loro storie, formando così un corpus di opere che offre diversi punti di vista su situazioni comuni o analoghe. Una tentazione irresistibile per ogni wannabe-fumettaro che, leggendo i loro racconti, avrà l'impressione di partecipare alle loro vicende e "far parte del gruppo" (ed anche questa è una pratica onanistica, tanto per tornare in tema).

Lo stile grafico è estremamente lineare, una specie di via di mezzo fra il fumetto underground e la linea chiara. Il tono è grottesco e si riflette sulle fisionomie e sulla mimica del protagonista, decisamente marcata e vagamente cartoon. Anche questo molto underground. Non so se si è intuito, ma non amo particolarmente l'underground. Ma i gusti son gusti...
La scrittura è semplice, diretta - direi quasi "nuda" - ed è funzionale al racconto. Non si può mettere in piazza il resoconto delle proprie seghe e contemporaneamente nascondersi dietro pudori o giri di parole. Joe Matt mette se stesso nel mirino del ridicolo, si piange addosso, si autocritica ferocemente, fa anche un po' pena a dire il vero.

Resta qualche dubbio sulla assoluta sincerità di questa autobiografia. Joe Matt sembra un onanista decisamente super, sia come consumo, sia come ossessione ma soprattutto come prestazioni (see, vabbè Joe, a chi la vuoi raccontare???).
Ma questo non è un problema, vero? Siamo qui per leggere storie, non resoconti di esperimenti scientifici. Se le storie sono un po' sopra le righe sono più emblematiche ed anche più interessanti.

Fa assolutamente il paio con "Io le pago" di Chester Brown che forse un giorno recensirò su questo blog.